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Il 31 marzo del 1944 l’Italia cambia con la svolta di Salerno Attualità 

Il 31 marzo del 1944 l’Italia cambia con la svolta di Salerno

Accadde oggi: era il 31 marzo 1944, 80 anni fa, con la guerra in corso e l’Italia del centro-nord occupata dai nazisti (c’era appena stata la strage delle Fosse Ardeatine), quando si riunì a Salerno il Consiglio nazionale del Partito Comunista Italiano, che era nato nel 1921 da una celebre scissione del Partito Socialista, era stato soppresso dal fascismo e stava uscendo da un lungo periodo di clandestinità dopo la caduta del regime fascista e l’armistizio del 1943. Le decisioni che il partito prese in quei giorni di accantonare l’opposizione alla monarchia e costituire un fronte unitario antifascista con altre forze politiche, per scelta del suo segretario Palmiro Togliatti, sono state chiamate “la svolta di Salerno” per la loro importanza nella sua successiva storia e nella storia d’Italia. Il PCI scelse così di partecipare al secondo governo provvisorio presieduto dal Maresciallo Pietro Badoglio, dando priorità alla sconfitta del fascismo e alla fine della Guerra Mondiale rispetto all’affermazione dell’identità storica e ideologica del partito. Palmiro Togliatti era rientrato in Italia qualche giorno prima dopo dieci anni trascorsi in Unione Sovietica.

Cosa stava succedendo
Il Maresciallo Pietro Badoglio – figura controversa cui sono attribuite grandi responsabilità nella disfatta di Caporetto nella Prima guerra mondiale – era capo di Stato maggiore dell’Esercito quando Benito Mussolini scelse di affiancare la Germania nella Seconda guerra mondiale. Si dimise dopo le prime sconfitte in battaglia riportate dall’Italia. Fu avvicinato da alcuni esponenti dell’antifascismo e gli venne affidato dal 25 luglio 1943 il governo provvisorio dell’Italia per gestire l’armistizio tra il Regno d’Italia e gli Alleati, dopo la caduta del regime fascista e l’arresto  di Mussolini.

Quello di Badoglio era un governo militare, che si proponeva un ritorno alla situazione pre-fascista. Considerava prioritario lasciare intatte le strutture conservatrici in campo economico e sociale, impedendo così che la caduta del fascismo mettesse in discussione l’ordinamento monarchico; eventualità che era considerata politicamente e socialmente radicale, e avversata, in campo internazionale, da autorevoli leader dei paesi Alleati.

I partiti antifascisti (Partito Comunista, Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria e Partito d’Azione, Democrazia Cristiana, Democrazia del Lavoro e Partito Liberale) erano stati estranei al colpo di Stato che aveva fatto arrestare Mussolini ed erano propensi alla costituzione di un governo di unità nazionale; e quindi si trovavano in opposizione al governo Badoglio. Il quale nel frattempo aveva portato avanti trattative segrete con gli Alleati, che chiedevano la resa incondizionata dell’Italia e nel frattempo la stavano bombardando. L’armistizio vebbe firmato  a Cassibile e reso pubblico l’8 settembre 1943.

Dopo l’8 settembre, l’Italia era divisa in due, con le regioni del Nord occupate dalle truppe tedesche, mentre il Re, con lo stesso Badoglio, si era spostato da Roma a Brindisi. I partiti antifascisti avevano costituito il CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) per organizzare la lotta di liberazione e reagire alla disgregazione dello Stato e all’incapacità dimostrata dalla monarchia e dal suo governo di difendere la sovranità del territorio nazionale e la vita stessa della popolazione.

Il partito comunista, quello socialista e quello d’azione ritenevano ineludibile il superamento della monarchia. Le posizioni democratiche e liberali, dentro il CLN, erano, invece, nel segno di un rinvio della questione monarchica; ciò che ritenevano prioritario era la costituzione di un governo di esponenti non legati al fascismo, con l’abdicazione del Re; il quale non mostrava, dal canto suo, né l’intenzione di abdicare, né quella di favorire la formazione di un governo politico.
Essendo Roma occupata dagli Alleati, a partire dall’11 febbraio 1944 il governo Badoglio si era trasferito a Salerno.

Alla fine di marzo del 1944 Togliatti ritenne prioritario fare appello all’unità di tutte le forze antifasciste per formare un governo politico a beneficio del Paese, liberare il paese sia dai seguaci di Mussolini che dai nazisti e rinviare dopo la fine della guerra la questione istituzionale (monarchia o repubblica?), evitando che le forze antifasciste si consumassero per effetto di lotte interne. Togliatti riuscì a sbloccare la situazione, ottenendo il consenso anche dei partiti più radicali, come quello socialista e quello d’azione.

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