GALEOTTO FU IL MASSAGGIO E CHI LO FECE!
La cronaca ha fatto menzione di un “sedicente” centro estetico, nel cuore della città, in cui ben altri erano i servizi erogati alla clientela: commentiamo la fattispecie di reato con l’aiuto dell’avvocato Simone Labonia.
In Italia, la gestione di centri privati che offrono servizi sessuali sotto le spoglie di attività lecite, come i centri estetici, rientra in una zona grigia della normativa che spesso si traduce in severe conseguenze penali per gli organizzatori. La “vecchia” legge Merlin (n. 75/1958) rappresenta ancora il cardine della disciplina italiana in materia di prostituzione, vietando l’esercizio di case di tolleranza, il favoreggiamento e lo sfruttamento della prostituzione. Anche se l’attività sessuale di per sé non è penalmente rilevante quando esercitata in modo autonomo, l’organizzazione o il mascheramento di questa attività può configurare reati come lo sfruttamento della prostituzione o la frode commerciale, nel caso di dichiarazioni ingannevoli sull’attività svolta.
Questi centri, presentati come luoghi per trattamenti estetici o massaggi, operano spesso in un’ambiguità che permette di attrarre clienti ma espone a indagini e sequestri delle attività. Gli organizzatori, quando scoperti, possono incorrere in pene detentive e multe, con possibili aggravanti se vengono coinvolti minori o persone vulnerabili.
In ambito europeo, il panorama normativo varia significativamente. In paesi come Germania e Olanda, la prostituzione è regolamentata e tassata, con strutture che possono operare legalmente sotto rigidi controlli sanitari e amministrativi. In questi contesti, l’apertura di centri dedicati ai servizi sessuali non solo è legale, ma rientra in un sistema che garantisce sicurezza per i lavoratori e trasparenza fiscale. Questa regolamentazione contrasta con l’approccio italiano, fortemente repressivo, che tende a spingere tali attività nel sommerso, aumentando i rischi di sfruttamento e criminalità.
La mancanza di uniformità normativa all’interno dell’Unione Europea solleva questioni importanti: l’Italia continua a difendere un modello abolizionista che si scontra con la liberalizzazione adottata in altre nazioni comunitarie. L’armonizzazione delle leggi in ambito europeo, tuttavia, appare complessa, poiché riflette non solo scelte legislative ma anche sensibilità culturali e morali profondamente diverse.
Il confronto con gli altri paesi europei invita a riflettere sulla possibilità di riforme che bilancino la repressione con la regolamentazione, mirando a ridurre i rischi di illegalità e proteggere i diritti delle persone coinvolte.