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Banco di Napoli, ultimo giorno Economia 

Banco di Napoli, ultimo giorno

Non saranno festeggiati i 480 anni dalla nascita per il Banco di Napoli, nato nel 1539 come Monte di Pietà, fondato da alcuni gentiluomini napoletani. Scompare e viene cancellata dal registro Abi (l’Associazione Bancaria Italiana), con decorrenza 26 novembre, il più antico istituto di credito esistente in Europa, che trae le sue origini dai Banchi e Monti di Pietà sorti in Napoli per combattere l’usura: la banca che ha fatto la storia dell’Italia, contribuendo al sostegno delle attività economiche del meridione. E la storia è bene ricordarla. Ma andiamo indietro nel tempo. Nel 1861, con la proclamazione del Regno d’Italia, l’Istituto cambiò denominazione in Banco di Napoli e fu riconosciuto come ente pubblico, cui fu affidata la funzione di istituto di emissione. L’attività dell’Istituto partenopeo si concentrò sul finanziamento dell’industria e dell’agricoltura napoletana, sul credito fondiario e sul credito agrario. Contribuì al risanamento edilizio di Napoli e di numerose città meridionali, sovvenzionò la costruzione di molte linee ferroviarie italiane e continuò l’opera assistenziale in favore di ospedali, asili, scuole, orfanotrofi. Ma non solo. Agli inizi del Novecento il governo affidò al BdN il servizio di tutela e di trasmissione del risparmio degli emigrati italiani all’estero, specie meridionali, grazie al quale il Banco stabilì contatti con il mondo bancario internazionale. Il volume di affari crebbe rapidamente in particolare a New York, dove in Spring Street a Manhattan, nel 1909 fu aperta un’agenzia. In seguito alla guerra di Libia, nel 1913, furono aperte le filiali di Bengasi e Tripoli, che consentirono al Banco di espandere la propria attività anche nel continente africano. Ma l’attenzione degli allora banchieri meridionali continuava ad essere, sempre di più, rivolta alla crescita del territorio. Ed ecco che nel 1938 il Banco fonda l’Istituto per lo Sviluppo Economico dell’Italia Meridionale (Isveimer), per l’esercizio del credito a medio termine alle piccole e medie imprese del Mezzogiorno d’Italia. A Napoli, a piazza Garibaldi, in cima al terrazzo di un palazzo centrale viene istallata un’insegna luminosa imponente “Banco di Napoli – per voi nel Mondo” (rimossa da qualche anno). Per tanti anni il simbolo della città. Negli anni ’90, sotto la guida del professore Ferdinando Ventriglia, il BdN fu investito da una crisi durissima, che determinò nel 1996 la privatizzazione tramite asta pubblica. Una fase difficile, con sofferenze pesanti e conseguenti difficoltà finanziarie dovute principalmente alla commistione dei vertici con i poteri politici dell’epoca, in un contesto di grave crisi macroeconomica per il meridione. È l’inizio della fine. La politica si fece da parte, anche lo Stato (erano gli anni di “mani pulite”): il Banco di Napoli fu lasciato al lento declinio. Per appena 60 miliardi delle vecchie lire (forse, solo il valore degli immobili) nel 1997 la cordata Bnl/Imi acquista il Banco di Napoli, che poi, nel 2002, passa al Gruppo Sanpaolo Imi. Con la fusione del 2006 tra Banca Intesa e Sanpaolo Imi, la società è entrata a far parte del gruppo Intesa Sanpaolo. Nel “Piano d’impresa 2018-2021”, presentato a febbraio, il Gruppo Intesa decide l’incorporazione di alcune banche rete in Intesa Sanpaolo : «La fusione per incorporazione del Banco di Napoli avverrà il 26 novembre 2018». Ha prevalso il principio della “razionalizzazione delle attività” che ha invaso l’intero sistema bancario italiano. La storia d’Italia è un’altra cosa. Fonte: La Città di Salerno

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