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Accadde oggi: il 27 agosto 1979 il sequestro di Fabrizio De Andrè e Dori Ghezzi Attualità 

Accadde oggi: il 27 agosto 1979 il sequestro di Fabrizio De Andrè e Dori Ghezzi

Acccadde oggi: erano circa le 23 del 27 agosto 1979 (44 anni fa) e i coniugi De André si stanno preparando per andare a letto quando nella loro villa fra Tempio Pausania e Oschiri entrano indisturbati tre uomini armati, dell’Anonima Sequestri, con il volto coperto.
Prima che i due cantanti si rendano conto di quanto sta accadendo, vengono spinti nei sedili posteriori di un’auto, poi costretti a camminare per ore “tra cespugli e rovi”, racconterà Dori Ghezzi, “con la testa incappucciata”. Sono alle pendici del Monte Lerno, a Pattada, si scoprirà poi.
Comincia così il sequestro di uno dei cantautori più celebri e amati d’Italia e della sua compagna.
“Tutto è stato di una facilità inimmaginabile – scriverà L’Unione Sarda il giorno successivo -. Anche perché carabinieri e polizia erano impegnati a Tempio dove si festeggiava il patrono, San Paolo Eremita”.
Seguiranno quattro mesi di angoscia per i familiari, di estenuanti trattative con i rapitori e solo il pagamento di 550 milioni di lire porterà al rilascio dei due prigionieri. Prima Dori, poi Fabrizio.
L’artista genovese, che perdonò i suoi carcerieri ma non i suoi mandanti, resterà profondamente segnato dalla terribile esperienza. La racconterà, naturalmente in versi, nel capolavoro “Hotel Supramonte”: “Passerà anche questa stazione senza far male/Passerà questa pioggia sottile come passa il dolore…”.
L’estate del 1979 fu costellata da una raffica di rapimenti, otto in totale e dieci ostaggi in simultanea nelle mani dell’Anonima Sequestri. Quando arrivò la notizia del sequestro di Fabrizio De Andrè e Dori Ghezzi tutta l’opinione pubblica rimase con il fiato sospeso. Il 27 agosto 1979 casa De André era diventata uno dei luoghi più popolati e osservati. La preoccupazione era anche rivolta alla figlia della coppia, Luisa Vittoria, e al primogenito di De Andrè, Cristiano, ancora un bambino. Secondo i racconti degli artisti i rapitori erano sempre incappuccati, anche loro potevano restare raramente scoperti. “Fummo presi e fatti scendere al piano terra – raccontarono i due in seguito -, dopo averci fatto calzare scarpe chiuse e portato con noi alcune paia di calze. Ci fecero uscire dal retro della casa e fatti sedere sulla nostra macchina. Prima di chiudere la porta chiesero a Fabrizio dove fosse l’interruttore per spegnere le luci del giardino“. Dalle indagini emerse come le vittime avessero indirizzato una lettera al padre di Fabrizio, nella quale gli chiedevano di pagare un riscatto di 2 miliardi di lire per il rilascio dei due. La loro liberazione avvenne quattro mesi dopo anche se in due momenti differenti: lei il 21 dicembre alle undici di sera, mentre lui il 22 alle due di notte su versamento di un riscatto pari a circa 550 milioni di lire, in buona parte pagato dal padre di Fabrizio, Giuseppe. L’avvenimento del sequestro cambiò per sempre la storia e la poetica del cantautore, tanto che scrisse un intero album dedicato al popolo sardo. La canzone Hotel Supramonte è dedicata a quella terribile esperienza, prendendo il nome proprio dal luogo in cui erano stati prigionieri. Il cantautore non serbò rancore verso nemmeno uno dei dieci sequestratori, anzi al processo confermò il perdono per i suoi carcerieri: “Capiamo i banditi e le ragioni per cui agiscono in quel modo, sebbene il reato di sequestro di persona sia tra i delitti più odiosi che si possano commettere”. In seguito aveva anche avallato la richiesta di grazia presentata da Salvatore Vargiu condannato a 25 anni di galera e considerato il vivandiere della banda. Nelle dichiarazioni che rilasciò dopo il rapimento, aveva sempre una parola buona nei loro confronti senza condannarli del tutto: “I rapitori erano gentilissimi, quasi materni. Sia io sia Dori avevamo un angelo custode a testa che ci curava, ci raccontava le barzellette. Ricordo che uno di loro una sera aveva bevuto un po’ di grappa di troppo e si lasciò andare fino a dirci che non godeva certo della nostra situazione. Anzi, arrivò a sostenere che gli dispiaceva soprattutto per Dori.” La stessa artista in seguito ha confermato la versione del compagno testimoniando a favore dei carcerieri come ci fosse “una sorta di rispetto reciproco” . “Tutto sommato le nostre condizioni non erano molto più dure. I nostri custodi non sono stati aguzzini. Tant’è che per tutta la prigionia sono sempre stata convinta che ci avrebbero rilasciato anche nel caso che il riscatto non venisse pagato”, ha raccontato Dori chiudendo una delle pagine più tristi della sua storia e di quella italiana.

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