You are here
Accadde oggi: il 21 maggio del 1988 muore Dino Grandi, l’uomo che nel 1943 decretò la caduta del Duce e mandò alla deriva il fascismo Cronaca 

Accadde oggi: il 21 maggio del 1988 muore Dino Grandi, l’uomo che nel 1943 decretò la caduta del Duce e mandò alla deriva il fascismo

Accadde oggi: era il 21 maggio del 1988, 32 anni fa, quando morì Dino Grandi, l’uomo che determinò nel 1943 la caduta del Duce. Lo aveva sepolto un prete di sinistra, obiettore fiscale e suo confessore da sempre, con cui aveva pregato in latino pochi minuti prima di morire. Anomalo, antagonista fino alla fine Dino Grandi, il gerarca che dimise Mussolini e mandò alla deriva il fascismo. Al suo funerale, tra assenze, presenze e imbarazzi politici,  venne recapitato anche l’ omaggio di Amedeo d’ Aosta, che non potè partecipare alle esequie perché infortunato e da Firenze mandò il suo emissario Ildebrando Coccia Urbani.  Un centinaio di persone in tutto, fra parenti e conoscenti, che non avevano mai ripudiato l’ affetto tenace e orgoglioso verso un protagonista discusso, odiato e infine rimosso di un pezzo importante della storia d’ Italia. Dino Grandi morì cieco, a 93 anni, nel suo austero appartamento nel centro di Bologna, popolato di mobili antichi e ritratti di famiglia, era l’ ultimo testimone del ventennio fascista. Figlio di una maestra e di un piccolo proprietario terriero di Mordano, vicino a Imola, viveva solo da tempo, ancora lucidissimo, accumulando diari e memorie, in parte raccolti e pubblicati dallo storico Renzo De Felice, in parte conservati in microfilm al Dipartimento di Stato americano. La camera ardente in casa per il saluto degli assidui dell’ ex gerarca. Poi la sepoltura nella tomba di famiglia, dove Grandi raggiunge la moglie e i genitori, sovrastata dallo stemma dei conti di Mordano. Monsignor Giovanni Catti commenta, citando Sant’ Agostino, il vangelo di Giovanni e Isaia, i brani preferiti da Dino Grandi. “Quando ho dovuto scegliere fra la fedeltà al mio capo e quella al mio paese, ho scelto senza esitazione la seconda” proclamò l’ ex gerarca nelle sue memorie. Una decisione che gli costò l’ esilio a Londra, dove il Duce, che di lui non si fidava, lo relegò dal ‘ 32 al ‘ 39 come ambasciatore dopo una brillante carriera come ministro degli Esteri. “Ma non ho mai tradito Mussolini” ha ossessivamente ripetuto Grandi, per il resto della sua vita. “La vita pubblica e politica di Grandì finì nel 1943” fa dichiarava il figlio con britannica impassibilità. “Ma per noi, figli e nipoti, è stato sempre coerente. Era un lottatore, e ha combattuto contro la morte fino a venti minuti prima, poi si è rassegnato. E il suo controverso tradimento? Non c’ è mai stato. Mio padre amava l’ Italia e fino alla fine si è detto ottimista sul futuro di questo paese. Anche negli ultimi giorni, quando io e mia sorella eravamo tornati a Bologna per l’ improvviso peggioramento delle sue condizioni di salute, lui continuava a inanellare ricordi. A cominciare dalla nostra fuga in Brasile: tre valigie e una vita da ricominciare da capo”.

scritto da 







Related posts