Salerno, pellegrinaggio giubilare: omelia dell’Arcivescovo Bellandi
“Carissimi fratelli e sorelle in Cristo,
sono davvero molte le suggestioni spirituali che ci raggiungono dall’essere qui stamani, celebrando l’Eucaristia nella Basilica di San Pietro, cuore della cristianità, al termine del pellegrinaggio compiutosi con il passaggio della Porta Santa. Molti i motivi di riflessioni e quindi altrettanto numerosi i motivi di ringraziamento. Per motivi di tempistica mi limiterò ora solo ad accennarli.
Prima di tutto siamo qui a compiere un pellegrinaggio, nel tempo giubilare che l’amato papa Francesco ha voluto fosse dedicato alla virtù della speranza; in un tempo segnato da grandi cambiamenti ancora in atto, che in alcuni casi rischiano di minare il valore e la dignità della persona umana e da situazioni diffuse di ingiustizia sociale che rendono i poveri sempre più poveri, concentrando le ricchezze in mano a gruppi e oligarchie sempre più aggressive, con scenari di conflittualità e guerre che provocano immani sofferenze e morti di innocenti, è quantomai urgente e necessario, scriveva il Papa parlando del Giubileo, «tenere accesa la fiaccola della speranza che ci è stata donata, e fare di tutto perché ognuno riacquisti la forza e la certezza di guardare al futuro con animo aperto, cuore fiducioso e mente lungimirante». Su cosa, o meglio, su chi poter fondare una speranza che non delude? Su Cristo e sull’amore di Dio che egli ci ha manifestato e compiutamente effuso nel suo sacrificio pasquale. Infatti, «la speranza cristiana – è scritto nella Bolla di indizione del Giubileo – non illude e non delude, perché è fondata sulla certezza che niente e nessuno potrà mai separarci dall’amore divino […]. Ecco perché questa speranza non cede nelle difficoltà: essa si fonda sulla fede ed è nutrita dalla carità, e così permette di andare avanti nella vita». In Gesù Cristo, morto e risorto, presente e operante in mezzo a noi sta quindi la sorgente a cui attingere, come credenti e come comunità, quella speranza che illumina il presente e rende possibile il futuro.
Per questo abbiamo attraversato la Porta Santa, che ci ricorda che è Gesù Cristo, Colui che ci introduce alla vita. Proprio Gesù definisce sé stesso come porta: «Io sono la porta. Chi entrerà attraverso di me sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo. (…) Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.» (Gv 10,9). Gesù afferma di essere per noi la porta attraverso la quale entriamo nella vita autentica, nella vita di figli di Dio, nella vita vissuta all’insegna dell’amore e della fraternità.
È quanto abbiamo ascoltato nel brano evangelico prima proclamato: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore»: l’amore a noi donato e nel quale siamo invitati a rimanere, così da sperimentare anche la gioia piena, allo stesso tempo però ci chiede di viverlo e diffonderlo oltre noi: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi». Il “come” si realizza nel dono di noi stessi, nel non trattenere la vita per sé, ma nel donarla ai fratelli: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando».
Carissimi, un ulteriore motivo di riflessione ci è dato dalla provvidenziale circostanza di vivere questo pellegrinaggio nella festa dell’apostolo Mattia, eletto per sostituire Giuda nel Collegio apostolico. La sua scelta esprime anzitutto la certezza, da parte degli Apostoli, di essere guidati dallo Spirito Santo, che mai abbandona il suo gregge – la Chiesa – e che presiede alle sue scelte decisive nel corso della storia. Come non notare, fratelli e sorelle, una particolarissima consonanza con quello che abbiamo vissuto in questi giorni, ovvero con un’altra – potremmo dire “analoga” – elezione, quella del Successore dell’apostolo Pietro? Anche in questo caso è apparso evidente che, al di là di tutte le ipotesi e previsioni semplicemente umane, è stata davvero l’azione dello Spirito Santo a illuminare la scelta dei cardinali.
Come abbiamo ascoltato nel libro degli Atti, Pietro – il primo tra gli apostoli – chiese che la scelta fosse fatta tra coloro che avevano seguito Gesù nel suo ministero terreno, ma – soprattutto – che fosse uno testimone dell’evento centrale della Sua risurrezione. Quanto allora richiesto, e che poi portò all’elezione di Mattia, sottolinea il compito fondamentale affidato non soltanto alla Chiesa apostolica, ma a quella di tutti i tempi, guidata dai successori degli apostoli – i Vescovi – e tra questi, in primis, il Vescovo di Roma successore di Pietro. Comprendiamo meglio, allora, come non sia stato casuale il fatto che il neo-eletto papa Leone abbia ricordato proprio il Risorto nelle parole iniziali del suo primo saluto: «La pace sia con tutti voi! Fratelli e sorelle carissimi, questo è il primo saluto del Cristo Risorto, il Buon Pastore, che ha dato la vita per il gregge di Dio (…) Questa è la pace del Cristo Risorto, una pace disarmata e una pace disarmante, umile e perseverante»; lo stesso egli ha ripetuto poi nel successivo incontro con i cardinali: «È il Risorto, presente in mezzo a noi, che protegge e guida la Chiesa e che continua a ravvivarla nella speranza, attraverso l’amore “riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato donato” (Rm 5,5)»
Mi avvio alla conclusione. In questo Giubileo, noi veniamo come pellegrini alla tomba degli apostoli per riscoprire le radici della nostra vocazione e della nostra missione. San Mattia ci ricorda che la vocazione non è una conquista personale, ma un dono che si accoglie e si vive nel segreto della quotidianità e che la missione non è compito solo di alcuni, da realizzarsi con azioni straordinarie, bensì la testimonianza quotidiana – coerente, fedele e gioiosa – dell’amore di Dio, che suscita attrazione. E in questo luogo, davanti alla Confessione di Pietro, mentre preghiamo sulla tomba del primo degli apostoli, ci è chiesto anche di rinnovare la nostra piena e filiale obbedienza a colui – Papa Leone XIV – che ne rappresenta la continuità apostolica e ci conferma nell’essere testimoni autentici del Risorto, segni credibili di quella speranza che non delude. Davanti all’altare della Confessione un altro Pontefice con lo stesso nome, papa Leone I, detto Magno, affermò: “[…] come permane ciò che Pietro ha creduto in Cristo, così permane ciò che Cristo ha istituito nella persona di Pietro […] In tutta quanta la Chiesa, Pietro proclama ogni giorno: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (De Natale ipsius, III, SCh 200, pp. 256, 258). San Pietro, roccia della fede, confermaci nella fedeltà a Cristo. Maria, Madre della Chiesa, guidaci sulla via della testimonianza.