Storie di Remo, l’incredibile George
La bravata del terrazzo fu la classica goccia che fece traboccare il vaso e il coro familiare, compresi nonni e zii ,fu unanime: “ Collegio ! “
George si ritrovò ,qualche settimana prima dell’inizio dell’anno scolastico a mettere in un enorme valigione le sue piccole cose, insieme a maglie mutande e calzini ,che la mamma con le lacrime agli occhi gli preparava già da qualche giorno. Il collegio che era stato scelto si trovava nei dintorni di Napoli ed era retto da monaci che si occupavano dell’educazione dei convittori ,oltre che della loro istruzione ;
la struttura aveva all’interno una Scuola Media Parificata. Gli ospiti erano quasi tutti afflitti da qualche “problemino” caratteriale e nei criteri educativi dei precettori ,spesso il metodo “Montessori”
veniva trascurato a favore di regole più tradizionali. Non che si usasse la violenza, questo assolutamente no, ma se scappava qualche scapaccione ,nessuno si sognava di chiamare il “Telefono Azzurro”,
anzi si evocava da più parti il vecchio adagio: “Mazza e panell’ fann’ e figli bell’ “.
Il rigore educativo prevedeva anche una severa ammonizione ,in caso di malefatte rilevanti ,con la conseguente mancata visita parenti domenicale . George nei suoi racconti diceva che era la cosa che lo aveva segnato di più.
Ogni domenica ,alle quattro del pomeriggio si svolgeva la visita parenti. Questi erano autorizzati ad entrare nelle camerate per intrattenersi con i ragazzi. La tenerezza di quelle scene era rimasta indelebile nella mente di George.
Le madri sistemavano gli armadietti riponendo gli indumenti da loro stesse prelevati la settimana precedente e riportati ben lavati. Poi si sedevano vicino ai figlioli aprendo un fagottino dove c’era un dolce o dei biscotti fatti in casa. Tra i ragazzi più piccoli capitava sempre qualcuno a cui scappava la lacrimuccia, al momento dei saluti.
Quelli in punizione rimanevano desolatamente soli sul proprio lettino; qualcuno eccessivamente turbato dalla tristezza, scendeva nel cortile per non farsi vedere piangere.
George inizio’cosi ,in quel vecchio convento trasformato in convitto ,gli anni della sua pubertà ,in cui l’isolamento intorno a lui sembrava creare un cuscino asettico ,lontano dalle tentazioni della società esterna.
La scuola essendo parificata era aperta anche ad alunni esterni che arrivavano la mattina al collegio.
I genitori li lasciavano in portineria ed i precettori li accompagnavano ai piani superiori ,dove c’erano le aule con all’ingresso già le file dei convittori.
Quando suonava la campanella si entrava per l’inizio delle lezioni.
I prof erano per lo più monaci ,ma c’era anche qualcuno che veniva da fuori, assunto direttamente dal Preside.
Al pomeriggio gli alunni interni si ritrovavano in una grande sala studio collettiva ,dove erano riunite le tre classi.
In cattedra sedeva uno dei tre prof precettori di turno, che studiava per conto suo e ogni tanto girava per i banchi ,sia per controllare che i ragazzi eseguissero i compiti assegnati, sia per aiutare qualcuno in difficoltà. Queste figure di istitutori erano giovani che ,dopo il diploma frequentavano l’Università’ a Napoli.
Erano tutti ex convittori che ,abitando nella lontana provincia ,preferivano dimorare in collegio con un trattamento “alla pari”, dando in cambio assistenza ai convittori.
Dormivano nelle camerate con i ragazzi in una postazione angolare, protetta con una tendina ; annunciavano il silenzio la sera e la sveglia alla mattina e quando la loro classe si recava a scuola erano liberi di frequentare i propri corsi universitari.
Se erano di turno al refettorio, tornavano per pranzo ,altrimenti erano liberi fino a sera.
La cucina era attigua all’antico refettorio con le volte a vela.
La cuoca si chiamava Rachele ed aveva con sé la giovane nipote di nome Lola che si occupava di lavare le stoviglie e pulire i fornelli. Era una ragazza simpatica ,poco più che ventenne;
con i ragazzi del convitto Lola non aveva contatti, ma con gli istitutori aveva una certa confidenza.Si intratteneva volentieri a chiacchierare con loro ,quando questi scendevano in refettorio prima che arrivassero i ragazzi.
Passavano prima in cucina dall’unica porta di accesso che dava sul giardino e curiosavano tra gli enormi pentoloni, per conoscere le pietanze del giorno.
Lola era di carattere allegro e le sue movenze erano sinuose ed insieme civettuole. Amava raccogliere i lunghi capelli neri sulla nuca ,trattenendoli con un pinzettone colorato. Non era molto alta, ma le sue forme sode raccontavano un corpo prosperoso con fattezze ben strutturate.
La nonna aveva sempre da ridire sul suo modo di rassettare la cucina. All’epoca si lavava tutto a mano e le stoviglie erano tantissime ,considerato che i commensali erano poco meno di cento .I piatti della cena venivano accantonati per l’indomani ; la ragazza veniva al lavoro prima della nonna , in modo che le stoviglie si potessero usare per il pranzo. I piatti venivano serviti dalla cucina facendoli passare in refettorio attraverso un’antica ruota di legno ,con due vani sovrapposti . Mentre da un lato si ritiravano i piatti riposti nel lato inferiore , dall’altro, in cucina si caricava quello superiore.
Dopo pranzo rimanevano in refettorio due convittori di turno per sparecchiare i piatti da rispedire in cucina attraverso la solita ruota.
Dopo aver pranzato con Lola ,Rachele se ne tornava a casa a riposare, lasciando alla nipote l’incombenza di ripulire i fornelli.
I tre istitutori erano più o meno coetanei e si chiamavano Enrico, Giovanni e Demetrio .Questi era il maggiore dei tre ,essendo prossimo alla laurea; era anche quello più in confidenza con Lola ,avendola conosciuta quattro anni prima appena aveva cominciato il suo lavoro al collegio. I ragazzi lo chiamavano “Baffo” a causa di due baffetti alla Zorro, quasi disegnati sulle sue labbra superiori
Gli anni del collegio erano passati tra lo studio e le tante partite di calcio ,giocate ogni pomeriggio al campetto del convitto .George aveva da poco compiuti 13 quando accadde un episodio inimmaginabile.
Si sa che la pubertà di un ragazzo passa nella scoperta continua del proprio corpo ,che si trasforma preparandosi alla condizione di completa virilità .
George aveva raggIunto un buon punto di maturazione ,anche se i suoi standard anatomici non erano ancora completati.
Ciro Maggiore invece ,essendo già quindicenne aveva quasi ultimato il suo ciclo di sviluppo sessuale ed a suo dire si sentiva già pronto al cimento dei suoi sogni .Nei suoi discorsi evocava una partner immaginaria ,molto più grande di lui ma bellissima e pronta a svezzarlo sessualmente.
Ma chi era costui?
Era un convittore che frequentava un liceo di Napoli ; proveniva da un paesino dell’entroterra ed era aggregato al collegio pur frequentando una scuola esterna.
Quell’anno sarebbe dovuto essere promosso in quarta ,per poi conseguire l’anno successivo la maturità classica. Con George aveva un’ottima intesa ,sia per essere nella stessa camerata da ormai tre anni ,sia per avere con lui un’affinità caratteriale ben nota a noi che seguiamo questa storia fin dalla prima puntata .
Condividevano ,guarda un po’,la stessa maniacale forma di satiriasi.
Molti di voi si chiederanno di che si tratta. Praticamente è la versione maschile della ninfomania delle femmine.La parola viene dalla mitologia greca e precisamente da “Satiro”, divinità boschereccia notoriamente sempre impegnata a rincorrere le ninfe. L’episodio a cui facciamo riferimento accadde durante un turno di servizio al refettorio ,in cui Ciro e George si trovavano insieme.
Dopo che ebbero passato i piatti a Lola, che era di là in cucina ad accatastare le stoviglie ,decisero di andare nel cortile a chiacchierare. Parlavano proprio della ragazza ed in termini abbastanza espliciti,
visto che George sentenziava ammiccando verso l’inseparabile amico:
“Non hai idea a Lola che le farei”
Ad un tratto Ciro sobbalzò dicendo :
“L’orologio! Il mio Zenith d’oro della Prima Comunione,
me lo sono tolto per lavarmi le mani.”
Entrambi si girarono e tornarono indietro di corsa verso il refettorio.
I bagni erano alla destra del portone grande, prima di entrare nel preambolo che aveva di fronte l’ingresso del refettorio e a sinistra una grossa finestra con le grate settecentesche .Ciro giunse trafelato nel bagno seguito da George; per fortuna l’orologio d’oro era ancora là’ appoggiato sul lavabo. Tirarono entrambi un sospirone e se ne stavano per tornare ,quando dal preambolo avvertirono un ansimare che poi divenne un affannoso respiro ritmato.
A quell’ora in cucina non doveva esserci nessuno ,perché Lola dopo aver ritirato i piatti dalla ruota andava via per poi ritornare a lavare le stoviglie prima di cena.
I due ragazzi si avvicinarono lentamente alla finestra con le grate che aveva gli stipiti chiusi dal lato della cucina .Curavano di non provocare il minimo rumore e ,dopo una breve pausa, l’ansimare riprese in modo più inquietante. Veniva proprio dalla cucina e non erano lamenti di dolore, tutt’altro! I due erano al massimo della curiosità, ma non c’era la possibilità di vedere nulla. Ad un tratto il viso di George si illuminò e dalle sue labbra uscì una parola quasi pronunciata solo con la lingua: “ La ruota “
Si girarono verso la porta del refettorio che aveva un chiavino fisso a martelletto.
Entrarono di soppiatto richiudendo la porta senza il minimo rumore alle loro spalle. La ruota era situata in fondo a sinistra ;si avvicinarono lentamente ,mentre dall’interno i guaiti se non si fosse capito erano effusioni goderecce di un amplesso in atto. La ruota era incassata in un doppio muro settecentesco ed ai lati aveva delle fessure che lasciavano intravedere l’interno della cucina.
Ciro posizionò molto lentamente la ruota e sbirciò dal lato superiore ,mentre George si era chinato per guardare anche lui dalla fessura più bassa.
Lola era distesa seminuda sulla madia del pane ,con una mano penzoloni e con l’altra poggiata sulla testa di qualcuno che non si vedeva chi fosse ,perché era impegnato tra le sue gambe. I ragazzi avevano gli occhi più larghi della fessura della ruota ;
erano rimasti immobili ,fermi come quel muro su cui avevano poggiate le palme delle mani e quando quella misteriosa testa si sollevò ,essi videro i baffi luccicanti del prof Demetrio venire fuori dalle cosce vibranti di Lola.
Camily Bosch





