PREGATE PER LA SUA ANIMA”! MA LA DIPARTITA È FASULLA!
Notizia di cronaca del nostro giornale, l’affissione di necrologi riferiti ad un candidato sindaco della nostra provincia, che ha perso le elezioni!
Scherzo di cattivo gusto o “qualcosa in più“?
Approfondiamo con all’avvocato Simone Labonia, i risvolti legali della vicenda.
La diffusione di falsi manifesti funebri rappresenta un fenomeno che può configurare diverse ipotesi di reato, in base alla normativa vigente.
Questi atti possono costituire diffamazione, falso materiale, o persino turbativa dell’ordine pubblico, a seconda delle circostanze specifiche e dell’intento di chi li produce e li diffonde.
Il Codice Penale disciplina diverse fattispecie che potrebbero essere applicate nel contesto: le elenchiamo in maniera specifica.
La diffusione di un manifesto funebre falso, specialmente se denigratorio nei confronti della persona indicata, può costituire reato di “diffamazione“, ex art 595 c.p..
Questo si verifica quando l’azione tende a ledere l’onore e la reputazione di una persona, comunicando a più soggetti notizie false e offensive.
Inoltre, la falsificazione di un documento, inclusi i manifesti funebri, può configurarsi come reato di “falso materiale“. Questo reato è applicabile se il documento è alterato o contraffatto e viene utilizzato per trarre in inganno terzi.
Qualora, poi, la diffusione del falso manifesto provochi allarme sociale, potrebbe essere contestato il reato di “procurato allarme“. Questo avviene quando un’azione crea una situazione di ingiustificato allarme presso l’opinione pubblica.
La Corte di Cassazione si è pronunciata in diverse occasioni su casi similari, offrendo orientamenti chiari sulla configurazione dei reati. Un aspetto rilevante emerso dalle pronunce della Cassazione è l’importanza della chiarezza e dell’identificabilità del destinatario del manifesto.
In particolare, secondo la Cassazione, un manifesto funebre che riporta una foto chiaramente riconoscibile del soggetto, (come nel caso specifico del nostro candidato sindaco), non può creare ambiguità su chi sia il destinatario. Questo principio è fondamentale, poiché elimina l’ipotesi di equivoci e strumentalizzazioni.
La giurisprudenza della Suprema Corte ha stabilito che, l’utilizzo della foto della persona nel manifesto falso, costituisce un elemento probante della volontà diffamatoria e dell’intento di arrecare danno morale al soggetto rappresentato. La Corte ha sottolineato che l’uso dell’immagine, che rende il destinatario facilmente identificabile, aggrava la condotta diffamatoria, poiché rafforza l’impatto negativo del “falso manifesto” sulla reputazione della vittima.
In buona sostanza, il gesto va ben oltre il cattivo gusto, e la normativa vigente offre strumenti adeguati per perseguire i responsabili della diffusione di falsi necrologi, per tutelare l’onore e la reputazione delle persone coinvolte: pertanto, chiunque diffonda tali falsi manifesti è esposto a severe conseguenze penali, a tutela della dignità e del rispetto dei singoli.