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PARLAVA CON ME IN VIVA VOCE PER FAR SENTIRE AD ALTRI: LO POSSO DENUNCIARE? L'Avvocato risponde 

PARLAVA CON ME IN VIVA VOCE PER FAR SENTIRE AD ALTRI: LO POSSO DENUNCIARE?

Un caso che capita spesso: ci illumina il commento dell’avvocato Simone Labonia.

La diffusione degli smartphone e l’uso abituale del viva voce hanno sollevato negli ultimi anni delicate questioni giuridiche, soprattutto quando una conversazione telefonica viene resa percepibile a terzi senza il consenso dell’altro interlocutore. In questi casi, la giurisprudenza italiana ha dovuto chiarire se tale condotta possa integrare una violazione penalmente rilevante, alla luce delle norme a tutela della riservatezza delle comunicazioni.

L’art. 15 della Costituzione sancisce l’inviolabilità della libertà e della segretezza delle comunicazioni. Sul piano penale, l’art. 617 c.p. punisce l’intercettazione o l’impedimento illeciti delle comunicazioni, mentre l’art. 617-septies c.p. sanziona la divulgazione di conversazioni fraudolentemente captate. Inoltre, l’art. 615-bis c.p. (interferenze illecite nella vita privata) tutela l’intimità dei consessi privati, reprimendo l’uso di strumenti di captazione senza consenso.

La Cassazione si è più volte espressa sul tema. In particolare, ha stabilito che il semplice fatto di attivare il viva voce, consentendo a un terzo di ascoltare la conversazione, non equivale a un’intercettazione illecita, poiché non vi è introduzione di mezzi fraudolenti o tecnologicamente invasivi ed è un ascolto mediato dal consenso di uno degli interlocutori. Tuttavia, ciò non significa che la condotta sia priva di rilievo giuridico.

Infatti, la Suprema Corte ha precisato che, se la conversazione viene ascoltata da terzi all’insaputa dell’altro partecipante, potrebbe configurarsi la violazione della riservatezza e, in alcune circostanze, anche il reato di cui all’art. 617 c.p., laddove emerga un intento fraudolento. Diversamente, la mera indiscrezione può rilevare solo sul piano civile, come lesione della privacy o violazione dell’obbligo di buona fede contrattuale nei rapporti tra privati.

L’ascolto in viva voce non autorizzato, quindi, non è automaticamente un reato: occorre distinguere tra semplice scorrettezza, fonte di responsabilità civile, e condotta penalmente rilevante, che richiede l’accertamento di dolo specifico e violazione dei limiti di legge.
La Cassazione ha così tracciato una linea di confine importante: la tecnologia quotidiana non deve diventare pretesto per ledere diritti fondamentali come la segretezza delle comunicazioni.

Anni addietro si diceva che il pericolo correva lungo il filo del telefono!
Oggi non esistono più i fili, ma le conversazioni telefoniche restano una fonte di ipotetici contrasti tra privati.

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