Il 15 dicembre di 32 anni fa iniziò in Romania la rivolta contro Nicolae Ceausescu
Accadde oggi: era il 15 dicembre del 1989 quando in Romania inizia la rivolta contro il dittatore Cesauscu. Il mondo sta subendo una radicale trasformazione geopolitica. La Guerra Fredda è ai suoi ultimi atti: l’Urss è sul punto di dissolversi e anche i regimi comunisti che guidano i Paesi satelliti stanno crollando sotto la spinta delle rivolte popolari. Ad ottobre gli ungheresi abbattono la Repubblica popolare, seguiti a ruota dai bulgari. A metà dicembre tocca alla Romania, guidata dal 1967 da Nicolae Ceausescu.
Alla fine degli anni Ottanta, la Romania si trova in una situazione disastrosa sotto vari aspetti: gran parte della popolazione vive in condizioni di povertà, l’economia è dissestata e l’opinione pubblica è fortemente ostile al regime. Nonostante sia ormai chiaro, dopo l’avvio delle profonde riforme in Urss da parte di Mikhail Gorbaciov, che i Paesi del blocco orientale si stiano avviando inesorabilmente verso un cambiamento radicale, Ceausescu non mostra nessun segnale di apertura e anzi prende a modello i dittatori dell’Asia orientale, di cui imita gli indirizzi politici e l’atteggiamento megalomane. Due dei maggiori tratti tistintivi della sua dittatura sono costituiti dall’autoritarismo e dal nazionalismo e per l’intera durata del regime il Paese vive sotto il giogo della Securitate, la polizia segreta, braccio armato del governo. La rivoluzione vera e propria scoppia a Timisoara, la sera del 15 dicembre, quando un prete evangelico, Laszlo Tokes, si lancia in un discorso contro il regime: sul posto interviene la Secutitate e scoppiano violenti scontri tra la folla dei presenti e i poliziotti. Le manifestazioni proseguono per giorni e si estendono anche ad altre città: Ceausescu tenta di reprimere le proteste nel sangue – i morti saranno circa un migliaio – ma la sua era sta per finire. Lui e sua moglie vengono catturati, per poi essere processati e giustiziati nel giorno di Natale.