ESPULSIONE DI IMMIGRATI PERICOLOSI: UN FILM DI PURA FANTASIA!
Commentiamo con l’avvocato Simone Labonia, uno dei rari provvedimenti di espulsione riportato nella nostra cronaca che, come quasi sempre avviene, cadrà in un “nulla operativo“!
La procedura di espulsione degli immigrati irregolari colpiti da provvedimenti giudiziari è regolata da un complesso sistema di norme nazionali ed europee, mirate a garantire la sicurezza pubblica e il rispetto dei diritti fondamentali. In Italia, l’espulsione può essere disposta dall’autorità giudiziaria nei confronti di chi è ritenuto un pericolo per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato, oppure di coloro che hanno violato le norme sull’immigrazione.
L’iter per l’espulsione inizia con l’emissione di un provvedimento da parte del giudice o del prefetto, a seconda dei casi. Il provvedimento può essere immediatamente esecutivo oppure essere soggetto a ricorso, in base alla gravità del reato commesso e alla situazione personale dell’immigrato. Una volta emesso, l’immigrato viene preso in custodia dalle autorità competenti, che possono trattenerlo in un Centro di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) fino all’esecuzione dell’espulsione. L’effettiva espulsione avviene tramite il rimpatrio nel Paese d’origine, sempre che sussistano accordi bilaterali che facilitino questo processo.
Le difficoltà principali riguardano la cooperazione con i Paesi di origine. Spesso mancano intese bilaterali che regolano il rimpatrio degli espulsi, o vi sono resistenze da parte dei Paesi di provenienza nel riconoscere i loro cittadini. Questo comporta il prolungamento dei tempi di detenzione nei CPR e, in alcuni casi, l’impossibilità di eseguire l’espulsione, con il rischio che l’immigrato torni in libertà sul territorio italiano. Inoltre, in diversi casi, gli interessati presentano ricorsi contro i provvedimenti di espulsione, appellandosi a motivi umanitari o alla violazione di diritti fondamentali, rendendo il processo ancora più lungo e complesso.
A livello comunitario, la direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, nota come “Direttiva rimpatri“, stabilisce norme comuni per il rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. Questa direttiva impone che le procedure siano eque e trasparenti, e che si tenga conto dei diritti umani, evitando trattamenti inumani o degradanti. Tuttavia, la sua attuazione varia da Stato a Stato, con risultati disomogenei.