È STATO CREATO UN MIO PROFILO FAKE IN RETE: POSSO SPORGERE DENUNCIA?
Ci da risposta l’avvocato Simone Labonia.
La creazione di un falso profilo sui social network al fine di fingersi un’altra persona configura il reato di sostituzione di persona, disciplinato dall’art. 494 del Codice penale, il quale punisce “chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, induce taluno in errore, attribuendosi falsamente il nome o l’identità di un altro”.
Con l’evoluzione tecnologica e la diffusione dei social media, la giurisprudenza ha esteso l’ambito applicativo di questa norma del c.p. anche alla creazione di falsi profili online. Ciò si verifica quando un soggetto crea un account in rete, utilizzando il nome, le immagini o informazioni personali di un’altra persona, inducendo in errore altri utenti e violando la sfera identitaria della vittima.
Perché il reato sussista, è necessario che ci sia un dolo specifico, ossia l’intenzione di procurarsi un vantaggio (anche non patrimoniale) o di arrecare un danno;
vi sia induzione in errore di terzi circa l’identità del soggetto;
venga usata l’identità di un’altra persona reale, e non solo un alias generico.
La Cassazione penale, con diverse sentenze, ha ribadito la configurabilità del reato anche nel contesto digitale, nel senso che l’apertura di un profilo social con dati e foto di un’altra persona è idonea a integrare l’induzione in errore e il danno identitario, anche solo sotto il profilo della lesione della reputazione o della vita privata.
Il reato è punito con la reclusione fino a un anno, o con la multa fino a 516 euro. La condotta può anche concorrere con altri reati, come la diffamazione (art. 595 c.p.), se si pubblicano contenuti lesivi della reputazione;
il trattamento illecito di dati personali (art. 167 del D.lgs. 196/2003);
l’accesso abusivo a sistema informatico (art. 615-ter c.p.) se si accede al profilo della vittima
A livello sovranazionale, la Corte di Giustizia dell’UE ha ribadito l’importanza della tutela dell’identità digitale quale espressione del diritto alla protezione dei dati personali (Regolamento UE 2016/679 – GDPR) e del diritto al rispetto della vita privata (art. 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE).
Anche la CEDU (art. 8) tutela l’identità personale come componente della libertà personale.
Le vittime possono agire sia in sede penale che civile per ottenere giustizia e risarcimento del danno, in un contesto dove la giurisprudenza si sta dimostrando sempre più attenta e rigorosa.