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DOPO DIECI ANNI IL MIO CONVIVENTE MI VUOL CACCIARE DALLA CASA DI SUA PROPRIETÀ: COSA DEVO FARE? L'Avvocato risponde 

DOPO DIECI ANNI IL MIO CONVIVENTE MI VUOL CACCIARE DALLA CASA DI SUA PROPRIETÀ: COSA DEVO FARE?

A questo delicato quesito, da risposta l’avvocato Simone Labonia.

La convivenza more uxorio, ossia la relazione stabile e duratura tra due persone non unite in matrimonio, rappresenta ormai una realtà sociale riconosciuta dal legislatore e dalla giurisprudenza. Tuttavia, quando la coppia convive in un immobile di proprietà esclusiva di uno dei due partner, sorgono spesso dubbi: il proprietario può “cacciare” l’altro convivente in caso di rottura della relazione?

La risposta non è semplice, perché occorre distinguere diversi profili giuridici. In linea generale, il convivente non proprietario non acquista alcun diritto reale sull’immobile: non diventa comproprietario né usufruttuario solo per il fatto di viverci. Di conseguenza, se la convivenza termina, il titolare dell’abitazione potrebbe pretendere la restituzione della piena disponibilità del bene. Tuttavia, la convivenza genera un vincolo di fatto che il diritto riconosce e tutela, soprattutto quando sono presenti figli minori.

La Corte di Cassazione, in più occasioni, ha affermato che la convivenza more uxorio non attribuisce un diritto di proprietà o di godimento stabile sulla casa al partner non proprietario, ma può legittimare un uso “tollerato” finché perdura la relazione. Quando però interviene una crisi, il proprietario può richiedere l’allontanamento dell’altro, salvo che vi siano esigenze superiori, in particolare la tutela della prole. L’art. 337-sexies c.c., applicabile per analogia, consente infatti al giudice di assegnare la casa familiare al genitore collocatario dei figli, anche se non proprietario.

In assenza di figli, la posizione del convivente è più debole: non vi è un automatismo che gli consenta di restare nella casa altrui contro la volontà del proprietario. Ciò non toglie che, in alcuni casi, il giudice possa riconoscere un diritto temporaneo di abitazione per ragioni di equità o per consentire un graduale distacco, evitando un’improvvisa espulsione.

Diverso è il caso in cui i conviventi abbiano regolato il rapporto con un contratto di convivenza: in tale ipotesi, possono essere pattuiti diritti di abitazione o obblighi di mantenimento, che incidono sulla disponibilità dell’immobile.

Il proprietario, in buona sostanza, conserva il diritto di decidere sulle sorti della propria casa, ma non sempre può allontanare il convivente dall’oggi al domani. La legge e la giurisprudenza bilanciano il diritto dominicale con la tutela della vita familiare e, soprattutto, dei figli.
Ne deriva un quadro nel quale il convivente non proprietario resta privo di una protezione piena, ma gode di una salvaguardia minima, proporzionata alle circostanze concrete.

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