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C’È CHI CONTINUAMENTE FA COMMENTI INVASIVI IN RETE: SI PUÒ CONFIGURARE UN REATO? L'Avvocato risponde 

C’È CHI CONTINUAMENTE FA COMMENTI INVASIVI IN RETE: SI PUÒ CONFIGURARE UN REATO?

Chiarisce il quesito l’avvocato Simone Labonia.

In un’epoca in cui il dibattito pubblico si è spostato sempre più sui social, nei forum e nelle chat, la giurisprudenza si sta adattando a nuove forme di comportamento potenzialmente lesivo della dignità altrui. È in questo contesto che si inserisce l’intervento della Corte di Cassazione, che negli ultimi anni ha ribadito la possibilità di configurare il reato di molestia o disturbo alle persone (art. 660 c.p.) anche in relazione a comportamenti tenuti in ambiente digitale.

Non ogni intervento sgradevole o opinione critica in rete è penalmente rilevante. Tuttavia, quando i commenti o messaggi diventano reiterati, insistenti, intrusivi, e soprattutto sono idonei a turbare la tranquillità della vittima, si apre lo spazio per l’ipotesi di reato. L’articolo 660 del Codice penale punisce “chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo”.

La Cassazione, in più occasioni, ha chiarito che anche l’invio ripetuto di messaggi via e-mail, social network, o altri strumenti telematici può rientrare nella fattispecie, purché sia connotato da una finalità molesta, e non rientri nella semplice libertà di espressione. La linea di demarcazione è sottile: un commento ironico o critico è lecito, mentre una serie di interventi ossessivi, provocatori o sessualmente allusivi può trasformarsi in reato.

La giurisprudenza ha esteso questo concetto al mondo virtuale, ritenendo legittimo configurare il reato per l’invio continuo di messaggi sui social diretti a una persona che aveva già espresso il proprio disagio.

Non è necessario che vi sia un contatto fisico o un’aggressione verbale diretta. Il disturbo può consistere anche nell’uso dei commenti pubblici per esercitare pressione psicologica, soprattutto quando il destinatario ha chiesto chiaramente di interrompere il contatto.

È fondamentale distinguere tra diritto di critica e comportamento molesto: la critica, anche aspra, è legittima se si mantiene nei limiti della pertinenza e continenza. Diversamente, l’insistenza ossessiva, l’invasione della sfera privata o l’umiliazione sistematica possono trasformarsi in un illecito penale.

In un mondo sempre più digitale, anche il rispetto reciproco online diventa una forma di legalità. E la giurisprudenza, con l’ausilio della Cassazione, sembra ormai pronta a riconoscerlo.

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