Cava de’ Tirreni, il Cobeco: i fondi recuperati servano a salvare immobili di valore
“Apprendiamo da notizie di stampa che il Comune ha recuperato altri 331mila euro dei soldi
illegittimamente pagati con mandati privi di atti autorizzativi. Con gli oltre 500mila già restituiti, si
arriva ad una cifra considerevole che il CoBeCo chiede venga utilizzata, insieme alle altre cifre che in
futuro saranno recuperate, a salvare dal piano alienazioni gli immobili di valore o di pubblica utilità,
a cominciare da Palazzo Buongiorno”, scrive il Comitato per i Beni Comuni di Cava de’ Tirreni.
“Ricordiamo che si sono pronunciate in difesa di questo storico Palazzo anche esponenti della
maggioranza, a cominciare dal Partito Democratico, e l’assessore Adolfo Salsano.
Vorremmo ricordare al Sindaco e a quanti continuano a svilire l’importanza di Palazzo Buongiorno
che questo edificio ha un peso notevole nella storia e nella identità cittadina e quindi non possiamo
destinarlo a diventare, per dire, un negozio di abiti da sposa o altro esercizio commerciale.
Gli storici e gli eruditi locali, nel corso del Settecento, lo descrivono con molto orgoglio.
Agnello Polverino, autore di una “Descrizione istorica della città fedelissima della Cava”, 1716, così si
esprime: “lo magnifico Palaggio detto del Reggimento situato nel mezzo del Borgo grande de i
Scazaventi […] in questa residenza adunque li Signori del Comune, cioè Sindaco ed eletti, esercitano
nobilmente la loro amministrazione, secondo l’antico instituto, nella di cui spaziosa sala sta piantato
ben vistosissimo teatro per le commedie e altre simili rappresentazioni, fatto alla moderna, a foggie
[sic] nuove. Detto edifizio fu ridotto in miglior forma dal sig. Barone di Castellonuovo Atenolfo,
nell’anno … 1710, indi abbellito e posto in buon ordine l’Archivio, trasferito in luogo più commodo, […]
nell’anno 1713: con altre fabriche e capricciose magnificenze, ad oggetto di sempre via più crescere il
decoro di coloro formano lo ceto di quel governo”. Alcune “incartate” settecentesche, pregevoli
decorazioni cui si riferisce lo storico, sono presenti ancora oggi: in particolare, l’incartata con fregio
che era nella stanza dell’archivio fu realizzata nel 1778.
Nel 1784 un’altra ampia descrizione del palazzo viene fatta da un illustre erudito cavese, il canonico
Andrea Carraturo, che descrive le funzioni esercitate nel palazzo, sede anche della Polizia civile, del
Regio Governatore, di un Regio Giudice, oltre che del Sindaco e dei quattro eletti, “capi e
rappresentanti di tutta l’Università”. Il palazzo secondo la narrazione del Carraturo, era di “molta
ampiezza e di nobile architettura”. Nell’ala destra, dopo una sala adibita a teatro pubblico, vi era una
grande stanza ornata dei ritratti di molti cittadini che avevano onorato la patria e di vari regnanti che
erano stati “benefici” con la città, ritratti ora esposti nella Sala Consiliare dell’attuale Palazzo di Città.
Vi era poi un “pubblico archivio copioso di scritture”. Infine, il Carraturo descrive la cosiddetta “stanza
della ruota”, in cui “seggono per giro e per ordine di maggioranza il sindaco e gli eletti predetti e di
fronte in due sgabelli il detto cancelliere e il segretario”. Nell’ala sinistra, con ingresso e scala separata,
c’erano due stanze ed una sala “addetta per il consolato della nobile arte della seta”. Al pianterreno
c’erano le carceri, due “criminali” col corpo di guardia, un carcere civile con una stanza per il custode
e un carcere separato per le donne”.