Capaccio/Paestum: chiusa l’indagine della Dda sul presunto voto di scambio politico-mafioso
Chiusa l’inchiesta sul presunto voto di scambio politico-mafioso a Capaccio Paestum. A 7 mesi dal blitz della DIA, i sostituti procuratori Elena Guarino e Carlo Rinaldi della Procura di Salerno hanno notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari a 9 indagati, ovvero: l’ex sindaco Franco Alfieri, il pregiudicato Roberto Squecco e l’allora consorte Stefania Nobili, il vigile urbano Antonio Bernardi, l’addetto al cimitero Michele Pecora e il cosiddetto gruppo di Baronissi composto da Domenico De Cesare, Vincenzo De Cesare, Angelo Genovese ed Antonio Cosentino, accusati a vario titolo di scambio elettorale politico-mafioso; tentato omicidio ed estorsione aggravati dal metodo mafioso; detenzione, porto e cessione illegale di armi. Lo scrive StileTv. Per i reati contestati è ancora in carcere Genovese (a Sulmona), mentre Alfieri è tuttora ristretto agli arresti domiciliari così come Squecco, Bernardi e Pecora. Domiciliari anche per Cosentino e Domenico De Cesare (detenuto a Potenza per altro procedimento); obbligo di dimora per Vincenzo De Cesare (anche lui detenuto per altro procedimento a Fuorni). L’unica a piede libero è la Nobili.
Gli indagati avranno ora 20 giorni di tempo per farsi interrogare o presentare memorie difensive ai magistrati dell’Antimafia salernitana, i quali valuteranno se chiedere poi il rinvio a giudizio o l’archiviazione, al giudice per le indagini preliminari, per ciascuna posizione. Gip che, lo scorso luglio, ha già archiviato per “infondatezza della notizia di reato” la posizione dell’ex assessore Mariarosaria Picariello: nel blitz finì ai domiciliari con l’accusa di favoreggiamento
Secondo l’indagine condotta dalla DDA, per conservare la proprietà del lido Kennedy sulla costa pestana, Squecco avrebbe fatto pervenire intimidazioni e pesanti minacce ad Alfieri, ordendo anche un attentato dinamitardo o armato ai danni del primo cittadino, poi saltato per il mancato accordo economico sul compenso tra i baronissesi e lo stesso imprenditore capaccese condannato per camorra, che avrebbe fatto candidare la moglie in occasione delle Comunali del 2019 per sigillare il patto, con l’allora sindaco, di non far abbattere lo stabilimento balneare.
Nel corso delle investigazioni, sono stati raccolti indizi di colpevolezza in ordine al reato di tentato omicidio perpetrato da Domenico De Cesare nei confronti di Angelo Genovese, noto esponente dell’omonimo clan operante in Baronissi e zone limitrofe, il cui movente sarebbe da ricercarsi in una tentata estorsione posta in essere da quest’ultimo nei riguardi del primo.
Tra le armi rinvenute in possesso del cosiddetto gruppo di Baronissi figurano diversi fucili mitragliatori Kalashnikov, mitragliette Uzi, due pistole cal. 357, una Smith & Wesson cal. 38, tre pistole di diverso calibro, un’arma storica a raffica, una pistola monocolpo a penna e un’arma da sparo con mirino, tutte con relativo munizionamento.





