AFFIDAMENTO AI SERVIZI SOCIALI
Spesso, nella nostra cronaca, si fa cenno all’affidamento ai “Servizi Sociali”, come regime alternativo alla reclusione, ma non tutti ne conoscono limiti e normativa.
Insieme all’avvocato Simone Labonia, facciamo luce sull’argomento, di estrema attualità nella gestione della giustizia.
Il beneficio in questione, (disciplinato dall’art. 47 L.354/75 Ord. pen.), è la principale misura alternativa alla detenzione, destinata ad attuare la finalità rieducativa della pena.
Esso può essere adottato sulla base dell’osservazione della personalità del condannato in istituto, o del comportamento da lui tenuto in libertà, e quando si ritenga che possa contribuire ad assicurare la finalità rieducativa, prevenendo il pericolo di ricaduta nel reato.
Il processo deve essere significativamente avviato, ancorché non sia già conseguito il ravvedimento, che caratterizza il diverso istituto della “liberazione condizionale”, previsto dal codice penale.
La mancata ammissione degli addebiti non costituisce fattore ostativo alla concessione del beneficio, essendo sufficiente riscontrare che il condannato abbia accettato la sentenza e la sanzione inflittagli.
Neppure ostativo il mancato soddisfacimento delle obbligazioni civili, a meno che le floride condizioni economiche del reo non configurino un’ingiustificata indisponibilità.
Non è neppure necessaria la sussistenza di un lavoro già disponibile, potendo tale requisito essere surrogato da un’attività socialmente utile, anche di tipo volontaristico.
Comunque, l’iter di concessione rientra nella discrezionalità del giudice di merito e deve tenere essenzialmente conto della risocializzazione e della prevenzione della recidiva: la valutazione non può essere impugnata, purché sorretta da motivazione adeguata e rispondente a canoni logici.
La società deve fare ogni sforzo possibile, che tenda al recupero di chi ha commesso errori, ma si sia ravveduto dimostrando una volontà di riscatto umano!