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MA QUALE CERTEZZA DELLA PENA: ORMAI SAPPIAMO CHE L’ERGASTOLO È SOLO SIMBOLICO! L'Avvocato risponde 

MA QUALE CERTEZZA DELLA PENA: ORMAI SAPPIAMO CHE L’ERGASTOLO È SOLO SIMBOLICO!

Il reale sconto di condanna può svuotare di senso la massima sanzione penale: ma approfondisce il problema l’avvocato Simone Labonia.

L’ergastolo, nel linguaggio comune, rappresenta la “pena perpetua”, la condanna più severa prevista dal nostro ordinamento. In teoria significa restare in carcere per tutta la vita. In pratica, però, la realtà giuridica racconta altro: nessuno sconta davvero un’intera esistenza dietro le sbarre. Tra benefici penitenziari, liberazione condizionale, sconti di pena e percorsi rieducativi, la “pena perpetua” si trasforma quasi sempre in una detenzione a tempo determinato.

Il codice penale, infatti, consente al condannato all’ergastolo di accedere alla liberazione condizionale dopo 26 anni di reclusione, che possono ridursi a 21 grazie alla liberazione anticipata. E in presenza di buona condotta, studi, lavoro o collaborazione con la giustizia, le possibilità di reinserimento aumentano ulteriormente. Di fatto, l’ergastolo diventa una condanna di lunga durata, ma lontana dal senso letterale e simbolico di “mai fine pena”.

Questo scollamento tra legge e realtà alimenta un dibattito profondo: ha ancora senso mantenere in vita una norma penale che, nei fatti, non esiste più nella sua forma originaria?
Da un lato, il principio costituzionale di rieducazione della pena (art. 27 Cost.) impone di evitare ogni automatismo punitivo e di lasciare spazio alla speranza di reinserimento. Dall’altro, la società chiede certezza della pena, specie per i reati più gravi, percependo come ingiusto un sistema in cui anche l’ergastolo diventa “scontabile”.

Inoltre, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha più volte affermato che una pena perpetua priva di prospettive di revisione viola la dignità umana. Di conseguenza, anche l’ergastolo ostativo, quello che esclude benefici per chi non collabora con la giustizia, è stato progressivamente svuotato di significato.

Oggi l’ergastolo appare quindi come un simbolo più che una realtà giuridica: una pena “assoluta” solo sulla carta, ma mitigata da una prassi che ne riduce la durata effettiva. Forse è tempo di interrogarsi se questa finzione serva davvero alla giustizia, o se sia più onesto ridefinire la pena massima in termini realistici, trasparenti e coerenti con i principi costituzionali.
In caso contrario, il rischio è quello di mantenere in vita una norma che non punisce per sempre, ma illude che lo faccia, facendo perdere credibilità al concetto di Giustizia, agli occhi dei comuni cittadini.

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