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MA L’ABITUDINE DI RIEMPIRE DI INSULTI GLI ARBITRI DI CALCIO È UN COMPORTAMENTO CONSENTITO DALLA LEGGE? L'Avvocato risponde 

MA L’ABITUDINE DI RIEMPIRE DI INSULTI GLI ARBITRI DI CALCIO È UN COMPORTAMENTO CONSENTITO DALLA LEGGE?

A volte, veramente, si supera il limite della decenza nello sfogare contrarietà con termini eccessivi contro i direttori di gara: commento dell’avvocato Simone Labonia.
Offendere un arbitro è reato? La punibilità penale delle ingiurie negli eventi sportivi.

Nel mondo dello sport, la tensione agonistica spesso si traduce in comportamenti verbali sopra le righe. Tra questi, non sono rari gli insulti rivolti agli arbitri, figure indispensabili ma frequentemente bersaglio di proteste e offese. Tuttavia, quando le parole superano il limite del lecito, anche il campo di gioco può trasformarsi in un’aula di giustizia.

Fino al 2016, l’ingiuria costituiva un reato previsto dall’art. 594 del codice penale. La depenalizzazione introdotta dal decreto legislativo n. 7/2016 ha trasformato l’ingiuria in un illecito civile, sanzionato con una multa pecuniaria, salvo che le offese assumano caratteristiche più gravi tali da integrare altre fattispecie penali, come la diffamazione o le minacce. Pertanto, oggi chi offende verbalmente un arbitro, se l’offesa non viene resa pubblicamente, non commette un reato, ma può essere chiamato a rispondere civilmente per il danno morale arrecato.

Diverso è il caso in cui le ingiurie avvengano in pubblico o davanti a più persone, come accade nella quasi totalità degli eventi sportivi. In tali circostanze, le espressioni offensive possono configurare il reato di diffamazione aggravata (art. 595 c.p.), punibile con la reclusione fino a tre anni o con la multa, poiché l’arbitro viene leso nella sua reputazione davanti a una platea di spettatori. Se le frasi assumono toni minacciosi o intimidatori, può inoltre scattare l’ulteriore ipotesi del reato di minaccia (art. 612 c.p.).

Va considerato anche il ruolo dell’arbitro quale pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio: secondo la giurisprudenza costante, infatti, chi dirige una gara sportiva affiliata a una federazione riconosciuta dal CONI esercita una funzione di rilievo pubblico. Di conseguenza, gli insulti rivolti all’arbitro possono integrare il reato di oltraggio a pubblico ufficiale (art. 341-bis c.p.), punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Tale norma si applica quando l’offesa è proferita in presenza dell’arbitro e nell’esercizio delle sue funzioni, ossia durante la direzione della gara.

La Cassazione ha più volte confermato questa interpretazione. In una sentenza del 2022, ad esempio, è stato ritenuto colpevole di oltraggio un calciatore dilettante che aveva insultato e minacciato l’arbitro durante la partita, poiché l’episodio aveva leso il prestigio e l’autorità della funzione arbitrale.

Troppo spesso si scambiano i palcoscenici sportivi come luoghi dove poter, impunemente, scaricare le tensioni di un’esistenza difficile: ma non è così.
Il rispetto per i singoli individui e per le istituzioni non deve mai essere messo da parte, nel nome di una civile convivenza e di un riconoscimento dell’attività di qualunque persona.

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