You are here
IL RUOLO DEI PENTITI TRA LUCI ED OMBRE DELLA GIUSTIZIA L'Avvocato risponde 

IL RUOLO DEI PENTITI TRA LUCI ED OMBRE DELLA GIUSTIZIA

Il nostro giornale ha onorato la figura di chi ha subito condanne ingiuste, a seguito delle dichiarazioni dei così detti “pentiti”, non sempre dimostratesi affidabili.
Con l’avvocato Simone Labonia analizziamo il fenomeno.

Il sistema giudiziario italiano ha affidato ai collaboratori di giustizia, comunemente noti come “pentiti”, un ruolo centrale nella lotta alla criminalità organizzata. Sin dagli anni ’80 hanno segnato una svolta storica, consentendo di svelare meccanismi interni di mafie e organizzazioni criminali inaccessibili alle indagini tradizionali. Tuttavia, l’utilizzo delle dichiarazioni di tali soggetti, comporta anche criticità giuridiche e umane profonde.

Il pentito, per definizione, è un ex affiliato che collabora con la giustizia in cambio di benefici: protezione, riduzione della pena, programmi di reinserimento. Il valore delle sue dichiarazioni è potenzialmente enorme, ma non è esente da rischi. Il sistema si basa sulla credibilità soggettiva di chi ha partecipato ad attività criminali, spesso per decenni, e che può essere spinto a mentire o esagerare per ottenere vantaggi.

Le lacune del sistema emergono soprattutto quando la parola del pentito diventa l’elemento chiave per giungere a condanne. In mancanza di riscontri oggettivi, il rischio di errori giudiziari cresce sensibilmente. La giurisprudenza ha più volte sottolineato la necessità di verificare le dichiarazioni rese dai collaboratori, ma nella pratica, la pressione mediatica e l’urgenza di colpire il crimine organizzato possono compromettere l’equilibrio processuale.

Numerosi i casi di innocenti coinvolti in processi pericolosamente costruiti su accuse infondate: carriere distrutte, famiglie travolte, reputazioni cancellate. L’impatto sull’opinione pubblica è altrettanto rilevante: il cittadino, se da un lato invoca giustizia rapida ed efficace, dall’altro perde fiducia in uno Stato che può sacrificare il principio di presunzione d’innocenza sull’altare dell’efficienza.

La Corte costituzionale ha più volte sollevato l’attenzione sulla necessità di bilanciare l’efficacia investigativa con la tutela dei diritti fondamentali. In particolare, ha ribadito che il pentito non può essere l’unico fondamento di una condanna, a meno che le sue dichiarazioni siano pienamente riscontrate. Inoltre, ha sollecitato il legislatore a definire con maggiore precisione i limiti e le garanzie dell’istituto, affinché non si trasformi in uno strumento arbitrario.

La giustizia, per essere tale, non può prescindere dalla verità e dal rispetto delle garanzie costituzionali. Un sistema che non riconosce i propri errori o che non previene i suoi abusi mina se stesso e, con esso, la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.

scritto da 







Related posts