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Ricercatori nel limbo dell’Ateneo di Salerno Politica 

Ricercatori nel limbo dell’Ateneo di Salerno

Irisultati della ricerca scientifica italiana sono invidiati in tutto il mondo. Nonostante le risorse statali non si presentino adeguate alle esigenze di crescita e sviluppo del settore, decine di migliaia di ricercatori universitari dedicano la loro vita alla ricerca, contribuendo a rendere il nostro Paese competitivo sul piano internazionale. Con la legge Gelmini è venuta meno la figura del ricercatore a tempo indeterminato, sul presupposto che un sistema basato su figure contrattuali a tempo determinato potesse meglio rapportarsi al reclutamento diretto di professori associati. Tale scelta non si è posta in concreto come una soluzione efficiente per contrastare il precariato universitario. Allo steso tempo, non sono state date risposte concrete di prospettiva alle migliaia di ricercatori a tempo indeterminato tuttora in ruolo. Quest’ultima categoria ha rappresentato e rappresenta una risorsa fondamentale per il sistema universitario e per i corsi di studio. Da anni svolgono attività didattica, oltre l’assolvimento dei loro compiti di ricerca, con un incremento stipendiale di circa mille euro all’anno, per lo svolgimento di un intero corso di insegnamento. Nella sostanza non si differenziano dai professori associati per i compiti svolti, eppure l’accesso in ruolo a professore associato, per tale categoria, non si presenta alquanto scontato. Alcuni di essi confrontandosi sul piano nazionale, con parametri valutativi internazionali della ricerca svolta, hanno ottenuto l’abilitazione scientifica a professore associato, utilizzabile per il corrispondente macro settore scientifico disciplinare, a conferma della preparazione richiesta per il superamento di tale confronto. Anche per essi, l’accesso in ruolo a professore associato non si presenta alquanto scontato, considerato che l’attuale sistema richiede un ulteriore concorso condizionato alla sussistenza delle risorse disponibili. Soltanto per gli anni accademici 2012 e 2013 è stato previsto un fondo straordinario per la progressione di carriera. Negli anni successivi, fino ad oggi, l’attenzione, invece è concentrata esclusivamente sull’attribuzione di fondi straordinari da destinare alle forme di ricercatore a tempo determinato, favorendo forme propagandistiche di annunci di risoluzione del precariato universitario, e contribuendo al verificarsi, in concreto, di logiche contrappositive e discriminatorie. La scelta dell’alternatività della destinazione dei fondi, all’una o all’altra categoria, negli anni non si è presentata lungimirante nelle soluzioni delle problematiche concrete, limitando di fatto, prospettive di crescita e ampliamento della docenza universitaria italiana. La problematica dei ricercatori a tempo indeterminato che legittimamente aspirano alla docenza, esercitando in concreto già le funzioni di professore associato – il cui sistema ha richiesto, anche di sottoporsi ad una abilitazione scientifica nazionale – è ben nota al mondo delle istituzioni, da cui migliaia di persone attendono risposte concrete. Ho avuto modo incontrare alcuni rappresentanti istituzionali del mondo politico per comprendere quali soluzioni si profilassero. Alcuni di essi, mi hanno colpito per il loro approccio umano, calato nella realtà quotidiana di tanti ricercatori che da anni si dedicano alla ricerca e alla didattica. Fra pochi giorni il disegno di legge di bilancio con le misure concrete di intervento per l’anno 2019 approderà in Parlamento, augurandosi che anche per i ricercatori a tempo indeterminato siano destinate delle risorse finanziarie, per l’accesso al ruolo a professore associato. La crescita e lo sviluppo di uno Stato non possono prescindere dalla ricerca e dal contributo che essa offre al sistema Paese.

*Ricercatore – Dipartimento di Scienze giuridiche – Università degli Studi di Salerno

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