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Manovra, manca l’intesa. Oggi nuovo vertice Italia e Mondo 

Manovra, manca l’intesa. Oggi nuovo vertice

Non c’è ancora un’intesa tra M5s e Lega sulla “pace fiscale”. E’ quanto spiegano fonti di governo al termine del pre-Consiglio riunitosi ieri sera a Palazzo Chigi. Assenti sia Luigi Di Maio che Matteo Salvini, non sarebbe emersa una soluzione condivisa su uno dei nodi principali del decreto fiscale, atteso oggi in Consiglio dei ministri. Sarà dunque un nuovo vertice politico, che dovrebbe svolgersi prima del Cdm, con il premier Giuseppe Conte e i due vicepremier a dover trovare la sintesi.

Questa mattina, alle 10,30, si terrà a Palazzo Chigi una riunione di governo dedicata alla manovra. Assente Matteo Salvini, a Monza, per la Lega sarà presente il sottosegretario Giancarlo Giorgetti. Lo rendono noto fonti della Lega. Il ministro dell’Interno partirà comunque per Roma prima del previsto, per partecipare, dal primo pomeriggio, al vertice di maggioranza.

Stallo su pace fiscale, M5S e Lega trattano a oltranza – I tempi stringono ma un accordo ancora non c’è. Il punto cardine del decreto fiscale collegato alla manovra, la “pace” voluta dalla Lega, è ancora un capitolo tutto da scrivere nell’articolato del provvedimento, tanto che Lega e M5S, coordinati dal premier Giuseppe Conte, andranno avanti ad oltranza in serata e poi ancora nella giornata di domani per cercare di far quadrare i conti, ma anche – e soprattutto – di rispettare ciascuno la propria linea politica, a maglie larghe per la Lega e strettissime per il Movimento.

Giovanni Tria e i sottosegretari al Mef, insieme a mezzo governo (ma non ai due vicepremier, entrambi fuori Roma), sono stati convocati a Palazzo Chigi in un apposito pre-consiglio per cercare di sciogliere la matassa e riuscire a chiudere domani sia il Draft Budgetary Plan, la ‘bozza’ di manovra attesa a Bruxelles entro la mezzanotte, che il decreto collegato alla legge di bilancio. Un pacchetto che secondo Luigi Di Maio dovrebbe comprendere anche il varo immediato della manovra, cosa ritenuta molto complicata invece da Matteo salvini. I nodi dunque restano: per i pentastellati il concetto di pace fiscale non può minimamente confondersi con quello di condono. La linea accettabile per il Movimento è quella del ravvedimento operoso, strumento già esistente, che prevede sanzioni e interessi ridotti in caso di errori o omissioni nei versamenti. La soluzione potrebbe essere rafforzarlo, ampliandone le modalità e la validità temporale. La Lega punta però più in alto, non al ravvedimento ma alla dichiarazione integrativa, considerata inaccettabile dai 5S. Per venire incontro ai pentastellati, si è cercato di alzare al 25% (e non più il 15%) la percentuale da pagare sul debito totale. Sempre che si riesca a trovare un’intesa sulla soglia anche di questo importo: 500.000 euro, 200.000 o 100.000. Sul tavolo c’è poi anche il problema, tutt’altro che indifferente agli occhi dei pentastellati, dell’emersione dei contanti. Tema di cui si è parlato finora meno, ma che, secondo quanto si apprende, sarebbe ancora tra quelli sponsorizzati dalla Lega.

L’urgenza di affrontare la questione pace fiscale è legata alla necessità di trovare le coperture per la manovra 2019 che il governo dovrà necessariamente indicare nel Documento programmatico da inviare a Bruxelles. Gli aumenti di entrate al momento previsti ammontano a 8 miliardi (cifra dove la pace dovrebbe fare la parte del leone), mentre i tagli sono quantificati in circa 7 miliardi. Non a caso il tema della riduzione della spesa pubblica, a partire da quella spinosa dei ministeri, è al centro anche dei colloqui della serata, cui partecipano infatti Riccardo Fraccaro, Paolo Savona, Alfonso Bonafede, Barbara Lezzi e Giulia Bongiorno. Ma una fetta importante di risorse, pari a 1 miliardo di euro, arriverà secondo Luigi Di Maio, anche dal taglio delle pensioni d’oro. La misura, finora affidata ad un ddl all’esame del Parlamento, rientrerà nel decreto fiscale con un intervento che, come stabilito, riguarderà gli assegni sopra i 4.500 euro e non quelli più bassi. Una precisazione voluta dai 5S dopo indiscrezioni su una possibile revisione al ribasso della soglia, fino a 3.500 euro, necessaria per far quadrare i conti. Non è un’indiscrezione ma un dettaglio in più quello fornito invece da Conte sul reddito di cittadinanza. “Stiamo pensando a come modulare le offerte di lavoro anche su base geografica”, ha spiegato il premier. In pratica, valutando a chi far perdere o meno il sostegno dopo il rifiuto di posti di lavoro, si cercherà di non penalizzare chi non accetterà come prima offerta un’occupazione al di fuori della propria città o regione. Capitoli in bilico con la manovra ma che potrebbero ancora rientrare nel testo di domani sono infine anche quello del ‘caso Bramini’, l’imprenditore preso a simbolo dei fallimenti “per colpa dello Stato”, e degli appalti. La volontà del governo è quella di alzare il limite dei 40.000 euro per gli affidamenti senza gara portandolo sui livelli europei, sui 200.000 euro.

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